Ieri ricevo una telefonata di quelle brutte: un amico mi comunica che un nostro comune amico è mancato improvvisamente. Una tragedia: un incidente in cui non ha avuto la minima colpa. Oltre al danno la beffa: non potrà neanche chiedere i danni a chi lo ha causato. Lascia due figli sotto i cinque anni e una moglie con impiego determinato part-time. Lui valido imprenditore col sorriso sempre in faccia; lui che come chiunque abbia una partita iva era in quell’età a cavallo dei cinquanta in cui stai costruendo tutto e stai dando tutto per te e la tua famiglia. Sai che dalla tua impresa dipende buona parte del futuro delle persone a te più care.

Lavori dodici ore al giorno e trovi sempre una soluzione. Siamo in tanti in questa situazione e non cambieremmo questa vita con nient’altro al mondo.

Ammetto che per deformazione professionale dopo la prima fitta allo stomaco ho pensato << speriamo che il suo assicuratore fosse uno di quelli che marca stretto e gli avesse fatto “qualcosa” per un caso del genere >> . Abbiamo discusso della vita, delle risate fatte insieme: poi ci siamo salutati.

Oggi a mente fretta rifletto: il fatto è che in questa età tra i 45 e i 50 se hai una attività in proprio che sta funzionando giri magari un po’ di soldi e nel girarli magari acquisti la casa più grande (col mutuo) ; investi nell’attività (facendo un leasing per un macchinario nuovo che alimenta la tua competitività) ; inserisci personale in azienda. In poche parole contrai debiti per crescere come famiglia e come azienda.

Nelle famiglie come questa del mio amico – e ce ne sono tantissime – fatte 100 le entrate familiari un buon 70% le porta a casa il papà-imprenditore. E tua moglie che fa? Si fa il mazzo come te perchè lavora part-time e poi accudisce figli e casa. Siete indispensabili entrambi al mantenimento del vostro tenore di vita e Tu , a vederla bene, sei decisamente determinante per il mantenimento del tenore di vita della tua famiglia.

Mi domando: sarà colpa degli anni ottanta se oggi pochi titolari di azienda 50enni hanno polizze solide per casi come questo? Perché chi oggi ha 50 anni ed è in una condizione simile a quella del mio amico è cresciuto sicuramente col mito di quegli anni lì: e si è soliti ripetere i percorsi che abbiamo visto intraprendere dalle nostre figure di riferimento. Solo che i tempi son cambiati.

Azzardo una generalizzazione: i 50enni degli anni 80 – quei papà-imprenditori – a 50 anni avevano probabilmente già costruito basi solide, avevano qualche risparmio da parte e se non ce l’avevano potevano contare su un sistema bancario molto più aperto a prestar soldi di quello odierno; vivevano inoltre in un tessuto economico che per almeno altri 25 anni si sarebbe dimostrato in continua ascesa per chi ci sapeva fare: senza troppi scossoni; avevano infine già un paio di figli in età da lavoro: di cui uno almeno – azzardo – già lavorava da due anni nell’azienda del padre divenendo – inconsapevolmente – un importante presidio per la prosecuzione aziendale in caso di premorienza del padre.

La nostra generazione di 45/50 enni ci vede oggi invece impegnati finanziariamente nel medio-lungo termine, integrati in un tessuto economico caratterizzato dalla continua variabilità; un sistema del credito che presta prevalentemente a chi ha forte merito creditizio; e abbiamo di solito al massimo due figli spesso di età sotto i 10 anni. La nostra generazione ha oggi debiti a lungo termine e figli che per almeno altri quindici anni avranno bisogno di risorse per studiare, laurearsi, aprire una attività o fare un master.

Chiaro che se sei vivo trovi il modo di far realizzare i sogni alla tua famiglia: ma metti che vivo non sei, come fai? Che lasci ai tuoi figli ? Eredità o debiti ?

Consapevole della generalizzazione appena fatta dico che forse l’impatto economico della premorienza del “papà-imprenditore 50enne” ha un peso oggi decisamente superiore a quello che poteva avere lo stesso evento che colpisse un 50enne 40 anni fa. Un cinquantenne imprenditore oggi lascia un mutuo residuo minimo di 15 anni con rata da 700 euro mese; un paio di TFR non accantonati e una azienda poco strutturata in cui il papà-imprenditore è l’uomo-chiave : azienda che pertanto rischia di chiudere dopo la sua dipartita. Un capofamiglia del genere lascia minimo 400mila euro di debiti.

E’ terribile – ammetto – fare di questi pensieri di fronte ad una tragedia umana: forse li faccio anche per allontanare il pensiero dal mio amico, da quel che è capitato a lui e alla sua famiglia.

Resta il fatto che la mia professione è soprattutto questa: aiutare le persone di valore a fare ragionamenti scomodi : andare in profondità e farti valutare “quanto vali” in un caso del genere. Coinvolgerti nel ragionamento: valutare insieme le conseguenze economiche della premorienza, del fatto di rimanere invalidi per una malattia , di una mancata autosufficienza.

Ragionamenti sì spiacevoli ma utilissimi: da fare almeno una volta nella vita , con qualcuno di fiducia. Il nostro ruolo sociale è e sarà sempre più questo: dare consapevolezza alle persone che valgono.

Tipo che se leggendo ti è venuto in mente di chiamare l’assicuratore, chiama.

Perché la polizza sulla vita è come il backup dei dati: andava fatta bene prima.

R.I.P D.

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